Articolo di approfondimento amministrativo tributario
  • Non garantiti i principi di indipendenza e terzietà dei giudici tributari

    Non garantiti i principi di indipendenza e terzietà dei giudici tributari

    A dicembre dello scorso anno la Corte Costituzionale ha emesso la sentenza n. 204 con la quale sono state dichiarate inammissibili, per difetto di rilevanza, alcune questioni di legittimità costituzionale sollevate da tre distinte Corti di Giustizia tributaria, per asserita violazione della Costituzione, in particolare, dei principi di indipendenza e terzietà dei giudici, e dell’art. 6, par. 1, della CEDU, derivanti dall’accentuato rapporto di dipendenza dei giudici tributari dal Ministero dell’economia e delle finanze. Nonostante la suddetta sentenza abbia dichiarato inammissibili le questioni di legittimità sollevate dai giudici di merito, la costante ed ordinaria esperienza dei contribuenti, dei commercialisti e degli avvocati tributaristi, nonché di tutti gli altri soggetti coinvolti nel processo tributario, restituisce un quadro sostanzialmente opposto. In alcuni casi la parzialità dei giudici tributari è palese e spudoratamente dichiarata. Come riscontrabile, per citare un caso molto recente, in una sentenza depositata lo scorso mese di marzo dalla Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Palermo, dalla quale si deduce la palese non imparzialità e terzietà del giudice oltre il mancato rispetto delle regole del giusto processo. La controversia era stata instaurata da una contribuente che aveva contestato l’intervenuta prescrizione per una cartella di pagamento del 2023 contenente il ruolo per un bollo auto anno 2016. Oltre i termini previsti dal processo, l’Ufficio (Regione Sicilia) depositava l’annullamento della pretesa con richiesta di cessata materia del contendere. La ricorrente con brevi repliche prendeva atto dell’annullamento insistendo per la condanna alle spese in base al principio della soccombenza virtuale. La ricorrente/contribuente era tutt’altro che un evasore fiscale seriale, e probabilmente questa controversia rappresenta l’unico sospeso che ha con il Fisco. Il Giudice tributario di cui sopra ha dichiarato la cessata materia del contendere con compensazione delle spese motivando la sentenza con le seguenti parole: “Sulla base di tali risultanze la Regione Sicilia ha pertanto provveduto ad annullare tramite sgravio il relativo contenzioso anno 2016 nei confronti della xxxx, chiedendo a questa C.G.T. di dichiarare l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere. Di tali conclusioni ha preso atto la ricorrente che si è associata alla richiesta di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere insistendo sulla condanna alle spese di parte resistente. Tenuto conto dello sgravio operato in via di autotutela ed avuto riguardo all’accordo delle parti, va conseguentemente dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e, considerato il mancato pagamento della tassa auto da parte della ricorrente, le spese possono essere dichiarate compensate”. Purtroppo, non era intervenuto nessun accordo tra le parti, e soprattutto elemento ancora più grave, se mai fosse possibile, la decisione di compensare le spese sarebbe stata motivata “considerato il mancato pagamento della tassa auto da parte della ricorrente”. In pratica il giudice ha deciso di punire comunque il contribuente, nonostante avesse avuto ragione a contestare la pretesa in quanto avanzata in violazione della legge. Dinanzi a queste motivazioni sembra inutile, assurdo, controproducente, che un cittadino/contribuente possa decidere di volersi affidare al Giudice tributario. Non è stato garantito il giusto processo perché le motivazioni della sentenza non si sono basate sull’applicazione della legge ma su di un giudizio di valore; sono state alterate le risultanze processuali per favorire la posizione dell’Ufficio, ed è stato privato il riconoscimento del recupero delle spese al contribuente (ulteriore violazione di legge). Questo non è un caso isolato, ma purtroppo la prassi. A mio parere contribuente e Fisco/Enti impositori/esattori dovrebbero essere pari davanti ad un giudice tributario. Dovrebbero ambedue chiedere l’applicazione della legge, ed il giudizio dovrebbe fondarsi nel suo rispetto. Non è quello che accade oggi presso le Corti Tributarie.